Il progetto parte da una critica conoscenza dell’opera dell’artista e da una riflessione sulla composizione del quadro per poter proiettare nell’allestimento la struttura architettonica delle sue opere. Il telaio bidimensionale su cui è ordita la trama dei quadri di Calvetti si rivela in realtà composto di molteplici tessiture. Storie stratificate, attimi, sensazioni, che non necessariamente si sono svolte nello stesso tempo e nello stesso spazio. Questa stratificazione di spazi e di luoghi è la chiave di lettura dell’allestimento. Volumi soprapposti, superfici piane diventano la trasposizione architettonica del linguaggio dell’artista. L’allestimento accoglie questo flusso di immagini, questo apparente caos di frammenti, non tenta di schiacciarlo, ma lo ripropone all’interno di uno spazio articolato, che di per sé statico, si fa spazialmente dinamico. Le opere si posano sui volumi secondo diversi schemi, altezze e angolazioni. Il quadro in alcuni casi viene appeso in altri si inserisce negli spazi residui tra i volumi senza una regola precisa ma semplicemente assecondando quel flusso di immagini proprie del suo linguaggio. La tonalità neutra dei pannelli esalta le vibrazioni cromatiche dei quadri. Il percorso del visitatore richiede un’interazione con l’allestimento, una comprensione delle molteplici visioni fugaci, un’ interferenza positiva. Il vuoto non è più assimilabile al nulla, ma diventa esso stesso materiale da costruzione e come tale richiede un progetto dei rapporti e delle proporzioni. Compito dell’allestimento è costruire questi vuoti che interagiscono con l’osservatore il quale è protagonista attivo e non osservatore. Se la misura dei vuoti e di conseguenza dei pieni è funzione dell’uomo, un fattore non trascurabile è anche l’ambiente. La maggior parte delle sale espositive in cui esponiamo oggi sono sale di palazzi storici. E’ dalla dialettica tra lo spazio e l’opera d’arte dei loro reciprochi rapporti e della loro relazione con la scala umana che nasce l’allestimento. Il alcuni casi il vuoto è necessario per mantenere una distanza, trasmettere un senso di lontananza, in altri casi rappresenta il principio di un percorso e Il numero degli oggetti esposte è funzione dell’ambiente, ciascun opera richiede il suo spazio di comprensione. Il progetto dell’allestimento tenta di trovare la giusta scala di rapporto tra le sale espositive e l’uomo. E’ quando l’opera d’arte va oltre i limiti dimensionali e conquista lo spazio circostante che si ottiene il perfetto connubio tra arte e architettura.